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Questo articolo è stato pubblicato su Corriere Buone Notizie del 17 novembre 2020 ed è parte dell’inchiesta di Percorsi di secondo welfare su Next Generation EU. L’inchiesta, che approfondisce come questo programma potrebbe supportare i giovani nella loro transizione verso il mondo del lavoro, è completata dal commento di Chiara Agostini sul futuro ruolo di Garanzia Giovani. Si segnala che l’inchiesta è stata conclusa prima che Polonia e Ungheria ponessero il veto sul bilancio UE, bloccando nei fatti Next Generation EU e creando condizioni che potrebbero portare a un suo ridimensionamento.

La tempesta perfetta”. Quando gli si chiede quale è stato l’impatto del Coronavirus sull’occupazione dei giovani italiani, Francesco Seghezzi usa una metafora forte. Secondo il presidente di Fondazione Adapt, “gli under 35, che non si sono mai davvero ripresi dalla crisi del 2008, sono i più colpiti da quella attuale. Sono i meno tutelati dal blocco dei licenziamenti e i più segnati dalle mancate assunzioni. Per questo parlo di tempesta perfetta”. Una ricerca di Eurofound pubblicata ad aprile rivela che il 10 per cento degli italiani tra i 18 e i 34 anni ha perso il lavoro in seguito alla pandemia, un dato superiore alla media europea. È così anche per la disoccupazione giovanile: ad agosto, mentre la media Ue non raggiungeva il 18 per cento, il nostro Paese ha superato il 32.

Eppure il tema non desta un’attenzione politica sufficiente”, commenta Lorenzo Bandera, del laboratorio Percorsi di secondo welfare. Il ricercatore si augura che la questione giovanile abbia un destino simile a quella della povertà. “Nell’ultimo decennio – spiega – la povertà in Italia è cresciuta, l’Unione Europea ha messo il tema in agenda e, alla fine, anche nel nostro Paese sono state varate politiche e stanziati fondi. Certo, il problema non è affatto risolto e i margini di miglioramento sono molto ampi, ma si è fatto un percorso”.  Per la povertà, l’Ue aveva un obiettivo specifico nella sua strategia decennale lanciata nel 2010. Ora ce l’ha anche per i giovani. Il vasto programma per la ripresa post Covid è stato chiamato Next Generation EU e, come ha spiegato la presidente della Commissione Von der Leyen, sono “investimenti senza precedenti” per “la prossima generazione europea”. I giovani, quindi, dovrebbero essere i primi beneficiari dei fondi europei e dei piani nazionali che li useranno.

“Le politiche per ambiente, digitale e innovazione, che il Governo italiano ha indicato tra le missioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza, possono portare benefici diretti all’occupazione giovanile”, riprende Seghezzi. Il presidente di Fondazione Adapt, però, suggerisce di fare molta attenzione su due aspetti: “creare posti di lavoro di qualità e pensare interventi specifici per chi ne ha bisogno”. Quest’ultimo è un punto centrale. L’Italia ha il più alto tasso di Neet dell’Ue: il 22 per cento dei cittadini tra i 15 e i 29 anni.

I Neet sono giovani che non lavorano né studiano e sono una questione continentale. Per affrontarla, nel 2013, l’Ue ha finanziato Garanzia Giovani, un programma che propone corsi di formazione, tirocini, percorsi di apprendistato e contratti di lavoro. Come spiega anche l’articolo di spalla, la sua valutazione è complessa. Quel che è certo è che la pandemia ha inciso negativamente sulle condizioni di questi giovani. A luglio, la Commissione Ue ha proposto di rifinanziare Garanzia Giovani con 22 miliardi di euro del budget comunitario 2021-2027. Nei prossimi mesi, ne discuterà con il Parlamento UE e gli stati. Il momento per capire come migliorare, quindi, è adesso.

Secondo Andrea Casamenti dello European Youth Forum, “la misura è stata positiva, ma con alcuni forti limiti”. Il forum, che riunisce le organizzazioni giovanili europee, li ha evidenziati in un recente rapporto. Uno dei più gravi è l’aver raggiunto con molta fatica i ragazzi più vulnerabili. Una criticità che è stata riscontrata anche in Italia. In Piemonte, per esempio. Lo conferma Angelo Perez di Exar, un’impresa sociale attiva a Torino nelle politiche attive per il lavoro. “Spesso Garanzia Giovani non è sufficiente per coinvolgere ragazzi che hanno difficoltà sociali, economiche, psicologiche o culturali”, argomenta. A suo parere, le ore di attività finanziate dovrebbero essere di più e meno rigide. “Per riuscire con certi profili – prosegue – chi si occupa di lavoro deve allearsi con chi è sul territorio, con le agenzie sociali ed educative che sono attive nei luoghi frequentati dai Neet. Con Garanzia Giovani non si può fare”. Lo consente invece Compagnia di San Paolo che, nell’ambito del programma Articolo+1, sostiene Exar per il progetto YES!Lavoro: lo scorso anno, a fronte di circa 300 Neet presi in carico, sono stati attivati 70 tirocini e 100 contratti di lavoro. “Tutti sopra i sei mesi, molti anche di un anno”, ci tiene a precisare Perez.

La qualità delle offerte di Garanzia Giovani è un altro dei punti deboli del programma, per lo European Youth Forum. Spesso, i beneficiari si sono lamentati di proposte senza prospettive. Anche in questo caso, l’Italia non fa eccezione. Seghezzi lo dice con chiarezza: “siamo il Paese che, tramite Garanzia Giovani, ha finanziato più tirocini di tutti. E molti sono serviti solo alle imprese per tagliare il costo del lavoro”. Così, conclusa l’esperienza, i giovani si sono ritrovati di nuovo inattivi e ancora più scoraggiati. Al contrario, secondo Seghezzi, servirebbero “maggiori investimenti sui contratti di apprendistato, per avere più garanzie e più controlli da parte delle istituzioni, per evitare gli abusi”. In questo modo, crescerebbe l’efficacia dei fondi Ue. Bandera, di Percorsi di secondo welfare, concorda: "la speranza è che l’arrivo di nuove risorse europee contribuisca a risolvere questi problemi. I giovani italiani hanno bisogno di opportunità reali per sfruttare il proprio potenziale".


Questo articolo è stato pubblicato sul Corriere della Sera del 17 novembre 2020 nell’ambito della collaborazione tra Secondo Welfare e Buone Notizie; è è qui riprodotto previo consenso dell’autore.