In queste settimana a cavallo tra un anno e l’altro, inevitabilmente, sono tante le organizzazioni del privato sociale che si trovano a fare il bilancio dei mesi passati e interrogarsi su quale sia stato il contributo che progetti, servizi e interventi hanno dato alla comunità. Come conoscere e parallelamente dar conto proprio alla comunità del valore che si è generato? Proviamo a vederlo con un caso concreto.

“Si è appena concluso un progetto sulla promozione del riciclo del materiale scolastico organizzato in partnership tra una cooperativa sociale, una scuola secondaria di secondo grado e un’amministrazione comunale. Sono state coinvolte 40 classi da 20 alunni ciascuna e sono stati chiamati un esperto ambientale e un designer per costruire delle strutture mobili da inserire all’interno della scuola. Per condividere il funzionamento di tali strutture si è deciso di sfruttare un’assemblea di Istituto, in modo tale da riuscire a coinvolgere gruppi di 200 ragazzi per volta nell’aula magna. A distanza di un mese sappiamo che la struttura funziona e che sono stati riciclati 80 kg di materiale. Quando il progetto è stato presentato alla cittadinanza, quest’ultima si è espressa positivamente in modo unanime, riconoscendo come punto di forza quello di aver insegnato ai cittadini di domani strategie di riciclo. Tuttavia i cittadini hanno diffusamente espresso dei dubbi rispetto alla continuità del progetto: gli studenti degli anni successivi sapranno usare le strutture? E quelli di quest’anno avranno imparato delle prassi da portare con sé anche in ambiti extrascolastici?” 

Di fronte a questo resoconto si aprono una serie di interrogativi a cui il responsabile o il coordinatore di progetto sono chiamati ad offrire riscontro:

  • Rispetto agli obiettivi posti, quali risultati si sono ottenuti?
  • Quali indicatori ci consentono di attestare la continuità del progetto nel tempo?
  • Che impatto ha avuto il progetto nella comunità?

Fermiamoci un attimo a ragionare sui dati a disposizione e su come questi possono essere usati per misurare e attestare il valore generato.

Gradimento e soddisfazione

Il gradimento dell’opinione pubblica è un indicatore o una medaglia di fine progetto? Quale conoscenza ci mette a disposizione la rilevazione della soddisfazione?

Per prima cosa occorre fare una distinzione che ci aiuta a districarci nei dati:

  • rilevare il gradimento ci consente di acquisire il giudizio dei cittadini rispetto a un progetto;
  • rilevare la soddisfazione ci aiuta a conoscere sulla base di quali criteri i cittadini stanno esprimendo la loro valutazione.

A partire da quanto appena scritto, il fatto che nel progetto preso come esempio ci sia unanimità del giudizio “molto positivo”, è un indicatore di gradimento ed è un dato che ci dice come la comunità riconosca la bontà del progetto. Se però vogliamo usare il contributo dei cittadini per conoscere come il progetto, dal loro punto di vista, assolve alle esigenze della comunità, serve fare un ulteriore passo: rilevare la soddisfazione entrando nel merito dei punti di forza e degli aspetti critici che riscontrano.

Ad esempio, aver raccolto l’informazione “è stato un insegnamento per i cittadini di domani” ci informa come la comunità veda la necessità di preparare i ragazzi ad essere cittadini competenti e questo è un dato di cui tenere conto per sviluppare/implementare ulteriori progetti. Dall’altra parte sapere che i cittadini vedono il rischio di abbandono del progetto (“chissà se gli studenti dei prossimi anni useranno la struttura”) è un altro dato che mette in guardia i progettisti rispetto al futuro del progetto.

Se si è già pensato a come curare questo passaggio di consegne, bisogna rivedere il piano di comunicazione in quanto per qualche motivo non si è riusciti a farlo emergere. Oppure se non ci si è pensato, ecco che la cittadinanza, esperta del proprio territorio, ci mette a disposizione un’esigenza su cui attivare un processo di miglioramento e che non avremmo potuto raccogliere “accontentandoci” del gradimento.

Come si attesta il raggiungimento dei risultati prefissati? 

La misurazione dell’efficacia di un progetto ci viene in soccorso per attestare lo scarto generato: quanto dell’obiettivo si è tradotto in risultato. Prendendo come esempio l’obiettivo del progetto citato in apertura, per valutarne l’efficacia dovremo saper rispondere alla domanda: quanto si è “promossa responsabilità diffusa nell’utilizzo sostenibile delle risorse”? Sarà quindi necessario innanzitutto tradurre la “responsabilità diffusa” in un oggetto misurabile. Nel progetto in questione, adottando i riferimenti alla Scienza Dialogica e alla Metodologia per l’analisi dei dati informatizzati MADIT1, abbiamo la possibilità di attribuire un valore, da 0 a 100, ai modi di contribuire degli studenti alla gestione della propria comunità, in termini di maggiore o minore generazione di responsabilità. In questo modo possiamo:

  • misurare quanto ogni partecipante, prima dell’inizio progetto (T0) e a fine progetto (T1), esprime modi di interagire promotori di corresponsabilità;
  • attestare quale sia lo scarto tra T0 e T1. Se ad esempio nel momento dell’avvio la responsabilità diffusa si attestava al 55% e a fine progetto si è arrivati al 70%, si può asserire che il progetto abbia promosso un incremento del 15%.

Il dato che si ottiene ci serve sia per argomentare ai committenti il lavoro svolto, sia internamente, per ragionare sull’efficacia delle strategie utilizzate: pensando a una nuova edizione del progetto, possiamo individuare modalità ancora più efficaci per promuovere responsabilità diffusa?

L’impatto generato nella comunità di riferimento

Come si fa a capire se i progetto ha creato benefici oppure non ha lasciato traccia? Di per sé avere realizzato una struttura che ricicla materiale scolastico e 800 ragazzi in grado di utilizzarla è un valore per la comunità (che prima non esisteva), ma per attestare che abbia generato impatto questo dato non è sufficiente. La misurazione dell’impatto ci offre dati su due livelli precisi:

  • quanto si è generato durante l’erogazione del progetto;
  • quanto rimane a patrimonio della comunità una volta che questo si è concluso.

Per entrambi i livelli per parlare di impatto dobbiamo fare riferimento a tutte e tre le dimensioni che lo compongono, imprescindibili le une dalle altre: socialeeconomicoambientale.

Dimensione sociale

Se vogliamo sapere se e come si è generato valore per la comunità sulla dimensione sociale le domande che ci orientano sono le seguenti: si sono previste occasioni per trasferire le competenze tra i partecipanti e dai partecipanti alla comunità? L’esperto ambientale e l’architetto, coinvolti nella progettazione dell’esempio, hanno lavorato esclusivamente da soli o hanno co-progettato mettendo in connessione i loro saperi con quelli degli altri partecipanti? Agli alunni è stato dato modo di padroneggiare i presupposti su cui si basa la nuova struttura per il riciclo o ci si è limitati a informare sul funzionamento dell’impianto? I dati che derivano dalle risposte a queste domande consentono di risalire al valore socialeche ha generato il progetto durante l’erogazione.

Dimensione economica

Passando alla dimensione economica, quello che si può valutare a partire dalle voci del budget, è quali siano stati costibenefici o investimenti. A partire da come le risorse economiche sono state utilizzate per le singole strategie del progetto, si può definire se quel che è ‘rimasto in cassa’ a conclusione sia dovuto a un mancato costo (ad esempio le strutture da replicare nella scuola sono state 4 e non 5 come inizialmente stabilito) o se sono benefici (si è riusciti a ricavare un guadagno dal materiale riciclato) o, ancora, un investimento (si è generato valore monetario che rimane a patrimonio dalla comunità una volta che il progetto si è concluso).

Dimensione ambientale

Con la dimensione ambientale entriamo nel merito dei dati che descrivono cosa si è generato durante e dopo il progetto a livello di ambiente, inteso sia come territorio naturale che strutture artificiali utilizzati durante il progetto. Così come per le altre dimensioni, i dati da osservare vanno al di là dello specifico obiettivo perseguito dal progetto. Ovvero, il fatto che nel progetto di esempio l’obiettivo sia inerente il riciclo non deve ingannarci sulla garanzia di impatto e sostenibilità dello stesso. Le domande che ci orientano in questa dimensione vanno ad indagare come si son configurate le risorse a disposizione e come le competenze d’uso abbiano generato qualcosa di durevole per la comunità. Ad esempio, i cittadini troveranno un ambiente (naturale o artificiale) preservato o sviluppato rispetto a quello abitato oggi? Chi in futuro volesse svolgere un nuovo progetto, avrà le stesse possibilità di chi lo ha fatto in questo momento storico o il progetto attuale compromette, in qualche modo, future riprogettazioni?

Il bisogno di professionisti 

Ma chi è quel professionista che può valutare e misurare tutte queste dimensioni?

Al di là del ruolo specifico che ricopre un professionista, ogni snodo di coordinamento / gestionale / manageriale nella Pubblica Amministrazione e nel Terzo Settore è ormai chiamato a sapersi orientare tra le diverse dimensioni valutative e a governarne la complessità coerentemente con le esigenze e le responsabilità del proprio Ente. Tali competenze e strumenti diventano necessari per:

  • aver contezza di quanto effettivamente si sta generando (condizione senza la quale oggi si rischia di non vedersi rinnovati dei finanziamenti per un Servizio ad esempio);
  • per progettare nuovi prodotti e servizi che rispondano alle esigenze della comunità;
  • saper orientare l’uso delle risorse in un’ottica di investimento e non solo di costo.

Dal 2020 esiste un percorso formativo per sviluppare queste competenze dedicato a manager che vogliono diventare ‘Community Maker’. Avvalendosi di un rigoroso impianto scientifico è possibile progettare e misurare il valore generato attraverso progetti e servizi di ogni ente o organizzazione di appartenenza.

La spendibilità immediata di quanto si acquisisce viene garantita grazie a laboratori, coaching e incontri con esperti dal mondo aziendale e universitario, oltre a un confronto costante promosso tra i partecipanti provenienti da diversi ambiti. L’edizione 2022 partirà al 29 gennaio.

Note

  1. Turchi G. P. & Orrù, L. (2014). Metodologia per l’analisi dei dati informatizzati-M.A.D.I.T. Fondamenti di teoria della misura per la scienza dialogica, Napoli, Edises.